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Ambiente: dalla fragilità alla rigenerazione

PFAS, alluvioni, consumo di suolo: in questi anni il nostro territorio ci ha mostrato tutta la sua fragilità e, con essa, il bisogno urgente di salute, sicurezza e cura dell’ambiente in cui viviamo.

Cosa ho fatto:

ho chiesto si realizzi l’atteso studio epidemiologico sui Pfas, l’avvio delle bonifiche, ho preteso tempi certi per i ristori post alluvioni, ho denunciato costi e rischi ambientali della superstrada pedemontana.

Ora serve:

  • una grande operazione “verità” sulla questione PFAS, che parta dai territori lungo la superstrada Pedemontana e arrivi alle cave dove sono stati stoccati i materiali di costruzione.
  • uno studio epidemiologico vero, non solo annunciato, e un’assunzione di responsabilità per tutto ciò che finora non si è fatto: servono monitoraggi, screening, bonifiche e sistemi di filtraggio delle acque.
  • una strategia regionale per la gestione della risorsa idrica, che tenga insieme siccità, alluvioni e qualità delle acque. Serve un piano per un Veneto più sostenibile, che affronti anche il consumo di suolo e la qualità dell’aria.
  • incentivi reali per cittadini e imprese, per accompagnare davvero la transizione ecologica. Il rispetto per l’ambiente deve diventare una scelta culturale, accessibile a tutte e tutti.

Scuola e formazione: il Veneto che studia e resta

In Veneto il diritto allo studio è ancora troppo fragile. Troppi studenti idonei non ricevono una borsa di studio, gli asili nido restano inaccessibili per molte famiglie, il trasporto pubblico è insufficiente e i percorsi scuola-lavoro sono spesso disorganici e frammentati. Serve tornare a investire davvero nell’istruzione, se vogliamo che le nuove generazioni restino, crescano e contribuiscano al futuro del nostro territorio.

Cosa ho fatto:

ho chiesto la riapertura di spazi (studentati e mense), trasporti accessibili, politiche per l’infanzia accessibili ed eque, diritto allo studio garantito.

Ora serve:

  • applicare la legge regionale n. 20 del 2020 e avviare finalmente il progetto per la gratuità dei nidi: un impegno preso e rimasto chiuso in un cassetto per cinque anni. Sostenere l’infanzia significa riconoscere il valore educativo dei nidi e il loro ruolo nella conciliazione vita-lavoro.
  • garantire ogni anno borse di studio agli idonei, senza scaricare tutto sul Ministero: la Regione deve mettere risorse proprie e smettere di lasciare migliaia di studenti in attesa.
  • costruire un piano strutturale per il trasporto pubblico locale, che renda più semplice e sostenibile spostarsi per studiare, seguendo il modello emiliano-romagnolo: non bastano più bonus occasionali.
  • programmare percorsi scuola-lavoro che rispondano ai bisogni reali dei territori, utilizzando bene risorse statali ed europee, senza moltiplicare bandi e sportelli disorganizzati.
  • mettere in rete centri di formazione professionale, Veneto Lavoro e centri per l’impiego: è da qui che può nascere un sistema che incrocia chi cerca lavoro, chi forma, e chi ha bisogno di personale qualificato.

Lavoro, casa, vita: dignità possibile

Sempre più persone in Veneto lavorano senza riuscire a vivere davvero. La casa è sicurezza, è il luogo da cui si costruisce il futuro, ma con contratti precari e stipendi bassi, sempre più giovani coppie, famiglie monogenitoriali e lavoratori non riescono nemmeno ad ottenere le garanzie richieste per affittare o comprare. 

Cosa ho fatto:

ho portato in Consiglio il tema della casa accessibile, di politiche attive per il lavoro programmate e certe per dare strumenti a cittadini e imprese, di una parità salariale ancora da costruire.

Ora serve:

  • realizzare un piano regionale per la casa, in cui edilizia pubblica, co-housing e partenariati locali si rafforzino a vicenda per garantire questo diritto: è il momento di dare priorità a un abitare giusto, che risponda anche ai bisogni degli studenti.
  • mettere al centro la qualità del lavoro: la Regione deve rivedere i criteri con cui affida gli appalti, a partire da sanità e assistenza, per garantire condizioni e salari dignitosi. E deve assumersi un ruolo attivo nelle crisi aziendali, tutelando l’occupazione e i diritti di chi lavora.

Mobilità: più treni, meno cemento

La Regione ha speso miliardi per nuove strade, dimenticando pendolari, studenti, ciclisti. I progetti per la mobilità sostenibile sono rimasti al palo, mentre il trasporto pubblico locale continua a perdere risorse e attenzione.

Cosa ho fatto:

ho denunciato gli sprechi, l’impatto sul bilancio di scelte calate dall’alto, ho chiesto investimenti su trasporto pubblico e proposto interventi di  mobilità sostenibile.

Ora serve:

  • l’elettrificazione della Vicenza-Schio, con l’obiettivo 30-30-30: 30 km in 30 minuti, ogni 30 minuti.
  • intervenire sulla viabilità della Valsugana, a fianco delle amministrazioni locali e di Anas, per risolvere definitivamente lo snodo di Carpanè.
  • rilanciare gli investimenti in trasporto pubblico locale, assenti da troppi anni: la superstrada Pedemontana ha assorbito tutto, sacrificando strategie alternative.
  • realizzare finalmente il biglietto unico, fermo da decenni, mentre altre Regioni lo hanno già introdotto.
  • potenziare la rete dei percorsi ciclopedonali strategici a livello regionale, per garantire sicurezza e continuità negli spostamenti quotidiani.

Sanità, sociosanitario e sociale pubblici: ricostruire la prossimità

La sanità e il sociosanitario sono la principale competenza della Regione: oggi pagano anni di scelte politiche sbagliate: personale sanitario in difficoltà, ospedali sotto pressione, famiglie costrette a pagare di tasca propria ciò che dovrebbe essere un diritto, servizi territoriali fragili e discontinui.

Cosa ho fatto:

ho contrastato i tagli, chiesto nuove assunzioni e difeso il ruolo pubblico dei servizi sociosanitari, ho proposto una legge per tutelare chi si prende cura e sostenuto il terzo settore.

Ora serve:

  • rafforzare la rete delle cure primarie, perché gli ospedali per acuti non bastano più, e anzi sono in affanno per la mancanza di servizi intermedi e di una presa in carico tempestiva: il mio impegno continuerà a essere rivolto alla ricostruzione della prossimità.
  • riempire di competenze, professionalità e risorse le Case di Comunità, non solo costruirle: non possono diventare contenitori per spostare ambulatori o accorpare servizi tolti ai territori. La grave carenza di medici di famiglia e lo svuotamento dei presìdi territoriali, come consultori, centri di salute mentale e distretti, sono il segno di un sistema indebolito.
  • recuperare risorse anche attraverso un riequilibrio tra pubblico e privato. Il privato va sostenuto dove integra, non dove sostituisce. Il pubblico gestisce pronto soccorso, rianimazioni, terapie intensive: costi altissimi e insostituibili. Va dotato di un’organizzazione solida, con figure apicali competenti e scelte fondate su merito e capacità.
  • rafforzare i servizi nei nodi dell’integrazione sociosanitaria: minori, salute mentale, disabilità, non autosufficienza, dipendenze. Sono ambiti in cui il sociale e il sanitario si intrecciano per dare risposte complesse. Dai centri diurni alle comunità alloggio, alle case di riposo: servono più posti, rette sostenibili e un rapporto stabile con il terzo settore, che non può essere lasciato nelle logiche degli appalti al massimo ribasso.
  • costruire una nuova gestione della non autosufficienza, che oggi pesa su famiglie sempre più fragili. I 60 milioni spesi con la DGR 465 non stanno funzionando, e la riforma delle IPAB è ferma da anni. È tempo di rimettere mano al sistema, partendo dalla domiciliarità e dai bisogni reali delle persone.
  • approvare finalmente una legge regionale per il riconoscimento e il sostegno dei caregiver familiari: il mio progetto è fermo da mesi per volontà della destra. Ma dare strumenti concreti a chi ogni giorno si prende cura di una persona fragile è un’urgenza sociale. Non è un atto di benevolenza, ma un atto di giustizia.

Spazio per diritti delle donne

la cultura del rispetto deve essere una priorità per la Regione, attraverso il sostegno ai centri antiviolenza e il supporto ad una educazione all’affettività già dalla scuola dell’infanzia. In questi anni ho difeso il lavoro dei centri e chiesto garanzie per una rete che ha bisogno di certezze per essere a fianco delle donne.

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Chiara Luisetto